
Negli ultimi anni, il termine "cookieless" ha assunto sempre più rilevanza nel marketing digitale e nella privacy online. Aziende ed esperti parlano di un futuro senza cookie e promuovono nuove tecnologie presentate come più rispettose della privacy degli utenti.
Tuttavia, questo approccio rischia di essere un falso mito e di spostare l’attenzione dal vero nodo: il problema non è il tipo di tecnologia di archiviazione, ma il consenso degli utenti.
La fallacia del "cookieless" come soluzione di privacy
Per anni i cookie sono stati il simbolo delle problematiche di privacy online. Questi piccoli file permettono di tracciare la navigazione degli utenti e memorizzare dati.
Con l’aumento della sensibilità sulla privacy e l’arrivo di regolamenti più stringenti, "cookieless" è diventato sinonimo di panacea: futura esperienza online più sicura e meno tracciata.
Ma spesso questo è solo un equivoco: la tecnologia cookieless non elimina il tracciamento, lo sostituisce con altri metodi.
Esempi:
- Tracking basato su fingerprinting
- Identificatori unici di dispositivo
- Monitoraggio lato server
Questi sistemi, seppure descritti come "più etici", possono essere altrettanto invasivi, difficili da gestire e sollevare le stesse identiche problematiche dei cookie tradizionali.
Un altro rischio è la centralizzazione dei dati nelle mani di pochi grandi gruppi: eliminando i cookie di terze parti, colossi come Google e Meta (Facebook) potrebbero rafforzare il loro dominio dato il possesso di dati di prima parte, penalizzando le aziende più piccole che hanno meno possibilità di accedere a informazioni utili per le strategie pubblicitarie.
La trasformazione (non sempre positiva) delle tecnologie di tracciamento
Il passaggio al cookieless non garantisce che la privacy migliori. Anzi, i nuovi sistemi possono essere ancora più efficienti nel tracciamento e nella profilazione.
Ad esempio, il fingerprinting del browser crea un’identità unica basata sulle impostazioni e sulle caratteristiche del dispositivo. La navigazione anonima diventa quasi impossibile. Al contrario dei cookie, il fingerprinting non può essere eliminato facilmente dall’utente.
Altre tecniche emergenti sono il tracciamento per coorti (come la Privacy Sandbox e l’API Topics di Google), che segmentano gli utenti per interessi invece che singolarmente, ma che comunque permettono profiling.
Inoltre, il settore pubblicitario si sta orientando verso: tracciamento lato server, dove la raccolta dati avviene su server che non sono sotto diretto controllo dell’utente e che rendono il tracciamento meno visibile e più difficile da regolamentare.
Il rischio? Una falsa sensazione di sicurezza: “niente cookie = niente tracciamento”. In realtà, l’utente può essere ancora monitorato con tecniche invisibili e spesso più efficaci.
Blocco preventivo: l’unico modo per garantire il vero consenso
La tutela reale della privacy degli utenti non dipende dalla tecnologia utilizzata, ma dal principio che nessun dato va raccolto senza consenso chiaro ed esplicito.
Il GDPR richiede che il consenso sia informato, libero e sempre revocabile. Purtroppo, molte aziende cercano di aggirare queste regole tramite interfacce ingannevoli o tecniche manipolative.
Alcuni ritengono che il cookieless consenta di tracciare senza consenso, usando ingegnosi meccanismi poco visibili. Questa pratica è contraria alle norme e logora la fiducia degli utenti.
La soluzione vera? Solo il blocco preventivo. My Agile Privacy impedisce l’installazione di qualsiasi tracciamento (cookie, fingerprinting, ecc.) fino a quando l’utente non rilascia un consenso esplicito. Nessun dato viene raccolto o inviato a terzi senza una scelta consapevole.
Scegliere My Agile Privacy significa adottare una soluzione che rispetta davvero le norme — e soprattutto, mette davvero al centro trasparenza e controllo dell’utente.
La privacy dei tuoi utenti non è un'opzione.